Martedì scorso sono finalmente riuscita ad andare alla mostra dedicata ad Andy Warhol (fino al 28 Settembre 2014 a Palazzo Cipolla, Roma), sperando di non trovare orde infinite di turisti a spasso per il centro. Con mia somma gioia all’interno dell’esposizione ho trovato pochissima gente, quindi sono riuscita a godermi le 150 opere messe a disposizione dalla Brant Foundation per raccontare Andy Warhol sotto ogni aspetto artistico, dalla scultura alla fotografia, passando per la pittura.
Gli amanti della Pop Art non potranno che apprezzare questa mostra, in cui è possibile ammirare alcune delle opere più note e amate del fondatore di un movimento artistico che ha stravolto l’idea stessa di “arte”: i ritratti di Marylin, le celebri tele che raffigurano le zuppe Campbell’s e le bottiglie di Coca Cola, fino ad arrivare agli autoritratti, alle polaroid scattate agli amici (tutte superstar internazionali, ça va sans dire), ai celebri ritratti di Mao, e all’Ultima Cena.
Se ve ne parlo oggi però non è soltanto per questi motivi, che comunque da soli bastano e avanzano, ma perché proprio all’inizio dell’esposizione sono presenti diverse opere che appartengono all’Andy grafico pubblicitario; è stato questo il suo primo passo verso la gloria, dato che il padre della Pop Art ha iniziato giovanissimo a disegnare… scarpe! Potevo non parlarvene?
Una delle opere più importanti è il libro “À la Recherche du Shoe Perdu”, il cui titolo si ispira chiaramente al capolavoro letterario di Marcel Proust, “Alla ricerca del tempo perduto”, una raccolta di quindici disegni di scarpe femminili utilizzate per pubblicizzare il negozio I. Millers New York; le calzature disegnate sono ricoperte con sottili lamine dorate e hanno un appeal prezioso e volutamente opulento, non a caso ognuna di essere è dedicata ad una celebrity del momento.
Le scarpe torneranno spesso nel percorso artistico di Andy Warhol, un’altra opera spiritosa presente alla mostra è “Diamond dust shoes”, è famosissima ma in pochi sanno che l’effetto glitter è stato creato con delle polvere di diamante, per rimarcare ancora una volta il concetto di bellezza intesa come un’espressione opulenta, a tratti pacchiana, del proprio modo di vedere le cose.
Un’ulteriore curiosità riguarda le didascalie che descrivono le scarpe: a scriverle è stata l’amatissima madre di Andy, Julia, e riprendono versi famosi di poeti del passato. “To shoe or not to shoe” vi ricorda niente? Forse l’Amleto di Shakespeare! E “ Beauty is shoe, shoe beauty”? E’ la versione warholiana di “Beauty is truth, truth beauty”, di John Keats (“Ode su un’urna greca”).
La scarpa come feticcio per Andy Warhol è la protagonista di un curioso aneddoto che vede l’artista acquistare scarpe costosissime per poi sporcarle di vernice, così da non sembrare ricco. Se considerate che ha lasciato il lavoro di pubblicitario perché “ci stavo facendo troppi soldi” la distruzione delle preziose calzature acquistate prende senso, non trovate?
“Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via all’abitudine per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca Cola sai che anche il presidente beve Coca Cola, Liz Taylor beve Coca Cola e anche tu puoi berla. Una Coca è una Coca e nessuna somma di denaro ti può permettere una Coca migliore di quella che si beve il barbone all’angolo della strada. Tutte le Coche sono uguali e tutte le coche sono buone. Liz lo sa, il presidente lo sa, lo sa il barbone e lo sai anche tu.”
“Le etichette vanno bene per le lattine, non per le persone.”
“La cosa migliore di una fotografia è che non cambia mai, anche quando le persone in essa lo fanno.”
“Non ti preoccupare, non c’è niente che riguarda l’arte che uno non possa capire.”
“Se raccogliessero tutte le frasi che ho detto capirebbero che sono un idiota e la smetterebbero di farmi domande.”
Mi piacerebbe andare a vedere questa mostra!
baci
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Anche io sono andata a vederla, e mi è piaciuta moltissimo! E' grande e molto ben curata!
Baci!
S
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