Il post che stai per leggere non contiene spoiler sulla trama ed è stato scritto per le Stories di Instagram.
Ma visto che la soglia di attenzione media su Instagram è di due secondi l’ho incollato qui, dove mi legge solo gente capace di mantenere il focus.
Un brindisi a noi, dinosauri digitali dotati di spirito critico e soft skills a non finire!
I costumi di And Just Like That 2 sono perfetti così come sono
Tra le tante critiche che piovono sulla serie da quando è stata annunciata, quella sullo styling di “And Just Like That 2” è la più ridicola di sempre: le fan di “Sex And The City” hanno guidato la rivolta e hanno iniziato a strapparsi le vesti nell’istante in cui è stato annunciato il nuovo team di stylist, che ha sostituito la storica Pat Field per questo nuovo progetto.
In sintesi, i costumi di AJLT hanno iniziato a fare schifo quando ancora non esistevano.
Nessuna di queste fan così fan che devono dirci di essere fan in ogni sacrosanto post scritto da altre fan per altre fan ha saputo notare che a capo del team di costumisti per il sequel della fortunata serie sono stati inseriti Danny Santiago e Molly Rogers: chi sono?
Due stylist che si conoscono dagli anni ’80, e indovina un po’ chi li ha fatti incontrare?
Pat Field, che li ha voluti sul set come assistenti di una serie Tv di successo chiamata “Sex And The City”.
Potrei chiuderla qui, ma so anche argomentare.
Soft skills, te l’ho detto!
La cosa più ridicola è che nessuna delle super fan di cui soopra è stata in grado di riconoscere che non solo lo stile delle protagoniste è assolutamente coerente con quello che vivono e con i loro personaggi di oggi, ma è anche molto vicino a quello scolpito per loro proprio da Pat Field più di 20 anni fa.
Non riconoscere Carrie nel caos dei suoi look bellissimi ed improponibili da sempre, è impossibile; ha sempre stratificato senza un apparente criterio, ha abbinato senza abbinare e ha stupito con rari look così raffinati da essere ancora oggi iconici.
E continua a farlo anche ora, è così ovvio!
Non cogliere Miranda che si perde, si riscopre ed esce dal suo bozzolo con uno stile ritrovato, più deciso e colorato, è senza senso, e non notare la coerenza stilistica di Charlotte e del suo romanticismo naïf e allo stesso tempo strutturato e rigoroso è semplicemente folle.



Ci sono abiti della vecchia serie che si sarebbero tranquillamente potuti riutilizzare oggi al posto di quelli scelti, sarebbero risultati perfetti ed in linea con le storiche protagoniste, che come tutte noi a volte si sono perse, si sono messe da parte, ma sono sempre tornate più determinate che mai.
Non sono da meno le nuove arrivate, la sensuale Seema che nasconde le sue spigolosità dietro look impeccabili e neutri per il giorno, in netto contrasto con quelli metallizzati più revealing che indossa la sera; e Nya con le sue meravigliose treccine e gli outfit coloratissimi che staccano di netto con la serietà del suo lavoro alla Columbia University.



Ed infine Lisa, con la sua passione per la moda e l’haute couture da sfilata indossata sempre e comunque, perché mai mettere da parte chi sei, da dove sei arrivata e dove sei arrivata.



Sono tutte talmente ben definite nei loro outfit, che sarebbe impossibile copiarle davvero.
Quello che possiamo fare, se proprio dobbiamo fare qualcosa, è prendere ispirazione e sperimentare senza paura, anche se sappiamo che una borsa a forma di piccione può non essere una buona idea.
E non lo è, ma se oggi hai bisogno di una borsa a forma di piccione, indossa il dannato volatile e sii felice.
La trama di And Just Like That 2 è quello che è, ma non è che prima fosse la Divina Commedia, no?
O esiste davvero qualcuno che si è fatto spiegare la vita da una serie tv? Ferma, non rispondere a questa domanda, purtroppo le prove che è successo sono lì fuori.
Resta il fatto che sui costumi c’è veramente poco da criticare: ci hanno dato il lusso, lo sfarzo, l’irraggiungibile, la follia, il sogno ed il vintage.
Cosa chiedere di più, un mega haul di Shein?! Una capsule collection in collaborazione con Zara!?
No grazie, lasciateci sognare in pace.
Ciao Sara,
io invece ho provato a guardare la prima puntata e sbirciato le due, tre successive e ho trovato il plot stomachevole.
Primariamente perchè appreso della morte dell’attore che interpretava il migliore amico di Carrie, penso andasse osservata una regola etica al di là di tutto. Con la scusa che “the show must go on”, ci stiamo trasformando in esseri barbari ed insensibili che non si fermano di fronte a niente in virtù del dio denaro.
Per quanto riguarda la questione dei costumi, è vero che gli stylists sono stati fedeli all’immaginario di Patricia Field, ma trovo che la scelta stilistica trasposta vent’anni dopo faccia apparire i personaggi come dei fenomeni da circo. L’abito come tu spesso racconti (trovandomi del tutto d’accordo), parla anche dell’evoluzione della persona, e nel caso di ‘and just like that’ pare non ci sia stata.
Quattro carampane esacerbate che poco hanno a che fare con le frivole, a volte sconvenienti, a tratti banali e venali ragazze – cliché del sogno americano – a cui ci siamo appassionate (quasi) tutte quando uscì la serie.
E se a vent’anni la vacuità è poetica, a cinquanta è patetica.
Per questo motivo penso non approfondirò ulteriormente il sequel perchè io Sex and the City l’ho sempre concepito come la favola per noi ‘bambine’ cresciute che, anche se un po’ disilluse, ancora crediamo al “e vissero per sempre felici e contenti”. E come diceva Eraclito, a suffragio di quanto appena detto, “bisogna volere l’impossibile perché l’impossibile accada”. Nell’arte il sogno va perseverato, non infranto.
sono pienamente d’accordo con te. Anche per me è stato lo stesso. Ho avuto le tue stesse impressioni. Arthur Schopenhauer docet (l’arte di ottenere ragione). Siamo nell’era degli avvocati del diavolo… Come se ne avesse bisogno
mamma mia che pesantezza sono solo vestiti pazzeschi e storie sceme, che le volevate con la crocchia e il cardigan abbottonato fino al collo a parlare di filosofia e di favolette? la noia